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Proposte per una Riforma Fiscale: intervento al Congresso Nazionale Uncat

Ing. Vito Grassi

Ordinamento tributario, riforme e professione

Lo scenario nel quale si muovono le imprese italiane in materia fiscale è quello di un sistema che presenta molte criticità: elevata pressione fiscale, elevato carico sul lavoro e basso sui consumi; alta evasione fiscale e contributiva; complessità del meccanismo impositivo. Il “peso” complessivo che le imprese italiane sopportano, in generale, è sicuramente alto rispetto alla media europea.

Qualche piccolo segnale di riduzione della pressione fiscale si è manifestato negli ultimi anni, grazie in particolare all’innalzamento al 50% della deducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali delle imprese (capannoni, laboratori, negozi ecc..) introdotto dalla legge di Bilancio 2019. Il Total tax rate per artigiani e piccole imprese sta dunque lentamente diminuendo: in base ai dati dell’Osservatorio CNA sulla tassazione delle PMI, che analizza il peso del fisco sul reddito delle piccole imprese in 141comuni italiani, l’aliquota fiscale totale media sui profitti delle piccole imprese alla fine del 2019 scende infatti al 59,7% contro il 61,2% del 2018% (meno 1,5% in un anno, meno 4,2% rispetto al 2014, meno 4,8% rispetto al 2012).

Troppo spesso, in ogni caso, le politiche fiscali non tengono in considerazione gli interessi delle aziende.

Un esempio di attualità è quello relativo alla questione Plastica: in seguito al divieto di vendita di articoli di plastica monouso a partire dal 2021 introdotto dal Parlamento europeo, il Governo italiano ha infatti deciso di anticipare i tempi non tanto fissando veti, bensì imponendo tassazioni onerose che vanno ben oltre l’ambito di applicazione della direttiva e che quindi condizionano fortemente il futuro delle imprese interessate. Questo rivela che c’è evidentemente un problema di metodo. La plastic tax, la sugar tax e l’ipotesi di nuova tassazione delle auto aziendali sono state concepite non in base a un piano contro l’inquinamento ambientale bensì per reperire le entrate necessarie a scongiurare gli incrementi dell’Iva e fare cassa. Con il paradosso che con un pregiudizio anti-impresa si decide di colpire proprio chi dovrebbe invece essere invece sostenuto in un processo di riconversione. Si inventano così nuovi balzelli invece quindi di puntare a rilanciare l’economia migliorando i servizi pubblici, riducendone gli sprechi, qualificando le pubbliche amministrazioni e realizzando infrastrutture fisiche e virtuali di supporto all’attività produttiva.

In questo scenario, il DL 30 aprile 2019 n. 34 (cosiddetto “Decreto Crescita”) ha introdotto misure urgenti per la crescita economica, il rilancio degli investimenti e la risoluzione di specifiche situazioni di crisi, anche attraverso nuovi interventi sul sistema di tassazione di impresa.

Le proposte degli Osservatori fiscali

Vediamo in che modo è possibile arrivare a un fisco più equo e sostenibile, dal punto di vista delle imprese, secondo il riepilogo di alcune proposte di vari Osservatori sulle questioni fiscali:

  • Ridurre la tassazione sul reddito delle imprese personali e sul lavoro autonomo, partendo dai redditi medio-bassi, utilizzando le risorse provenienti da spending review e lotta all’evasione;
  • Rivedere la tassazione IRPEF delle imprese personali e degli autonomi; Rendere l’IMU pagata sugli immobili strumentali delle imprese completamente deducibile dal reddito d’impresa;
  • Definire la “insussistenza di autonoma organizzazione” ai fini del non assoggettamento all’IRAP e aumentare la franchigia IRAP ad almeno 30.000 euro;
  • Rivedere i criteri per l’attribuzione dei valori catastali degli immobili, al fine di allinearli ai valori di mercato ad invarianza di gettito;
  • Agevolare il passaggio generazionale delle imprese individuali tramite la completa neutralità fiscale delle cessioni d’azienda, così come previsto nei conferimenti.

Le proposte del Centro Studi di Confindustria

Il centro studi di Confindustria, nell’ultimo Rapporto di previsione sull’economia italiana, evidenzia come il nostro Paese sia in bilico tra ripresa e recessione, con una economia sulla soglia della crescita zero che rischia di cadere in recessione in caso di eventuali nuovi shock, sempre possibili soprattutto dal fronte estero, come mostra l’elevato grado di incertezza sui mercati internazionali.

Per questo il rapporto contiene alcune significative proposte di intervento in materia fiscale, di seguito indicate, con l’obiettivo di rilanciare gli investimenti, alleggerire il carico fiscale che grava sul lavoro, sia mettendo più soldi in tasca ai lavoratori, per favorire l’offerta di lavoro e i consumi, sia riducendo il costo del lavoro per le imprese per aumentare la competitività e la domanda di lavoro.

Le proposte sono, in particolare:

  • Taglio dell’Irpef con accorpamento delle aliquote sui primi scaglioni più bassi, con conseguente rafforzamento dei redditi medi, soprattutto quelli da lavoro dipendente (oggi penalizzati rispetto a regimi sostitutivi per altre forme di reddito). L’IRPEF è l’imposta che mostra le maggiori criticità, in particolare, l’irrazionalità del suo sistema impositivo. E’ la principale voce di entrata per lo Stato e presenta una significativa progressività, concentrata nelle fasce di reddito medio-basse. L’ipotesi al centro del dibattito per la correzione di questi problemi è l’introduzione di una flat tax sul reddito delle persone fisiche, associata a un sistema di deduzioni/detrazioni che assicuri la progressività. Le imposte ad aliquota piatta, peraltro, non sono una novità nel sistema fiscale italiano. Nei paesi in cui è stata introdotta, la flat tax ha mostrato vantaggi e svantaggi. Potrebbe semplificare l’imposta sul reddito, ridurre costi e tempi di adempimento, far aumentare la compliance fiscale e sarebbe più razionale dell’attuale imposta. Tuttavia, oltre alla necessità di salvaguardare la progressività, bisognerebbe evitare l’eccessiva perdita di gettito, e un modo per recuperare gettito potrebbe essere quello di rendere progressive le tariffe pagate dai cittadini su alcuni servizi pubblici, con i più ricchi che pagherebbero tariffe più elevate di chi ha redditi bassi.

L’elemento decisivo per determinare quanto una flat tax possa essere vantaggiosa è verificare se riesce a generare effetti positivi sulla crescita, attraverso lo stimolo ai consumi e gli incentivi al lavoro, tali da compensare la perdita di gettito. Ciò dipende da come si disegna questo tipo di imposta e con quale gradualità essa entra in vigore. Le simulazioni realizzate dal Centro studi di Confindustria evidenziano che:

  • Il passaggio a una quasi flat tax è molto improbabile che si autofinanzi con i proventi della maggiore crescita indotta;

  • Una tale riforma fiscale va ben definita e annunciata in anticipo ma attuata con gradualità;

  • Per finanziare la perdita di gettito è necessario recuperare risorse da una seria spending review e dalla riduzione dell’evasione fiscale.

  • Un intervento mirato sui redditi da lavoro dipendente per aumentare il netto in busta paga (ad esempio l’estensione del “bonus 80 euro” ai 4 milioni di lavoratori dipendenti con redditi tanto bassi da non pagare le tasse), con l’introduzione di una imposta negativa che preveda trasferimenti anche agli incapienti se lavoratori dipendenti. Aumentando il netto in busta paga ai lavoratori con redditi bassi ci si può aspettare un impulso sui consumi (perché essi tendono ad avere una propensione al consumo superiore alla media) e sull’incentivo a lavorare.

  • Rafforzamento degli attuali incentivi fiscali sui premi di risultato (per stimolare ulteriormente la diffusione di schemi variabili di retribuzione e il raggiungimento di incrementi di produttività);

  • Interventi sull’IVA (Il Centro studi di Confindustria ritiene che, se per la tenuta dei conti pubblici ed evitare altre misure recessive è necessario intervenire sull’attuale struttura dell’IVA, bisognerebbe finalizzare l’intervento sui singoli beni consumati prevalentemente dalle famiglie con redditi elevati, attenuando l’incidenza dell’imposta sulle famiglie a basso reddito, che hanno tipicamente una maggiore propensione al consumo).

  • Lotta all’evasione (con misure come ad esempio lo stimolo all’uso della moneta elettronica, ancora scarsamente diffuso, attraverso lo sconto fiscale per chi ne fa ricorso tramite pagamenti con carte o bonifici)

  • Un riequilibrio della tassazione sulle rendite finanziarie, attraverso un aumento della tassazione dei proventi sui titoli di Stato, al fine di recuperare risorse per la formazione e l’inserimento lavorativo dei giovani , in termini di sgravi contributivi su assunzioni a tempo indeterminato e apprendistato.

CONGRESSO NAZIONALE UNCAT – UNIONE NAZIONALE CAMERE AVVOCATI TRIBUTARISTI - SABATO 14 DICEMBRE 2019 INTERVENTO dell’ing. Vito Grassi Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale e Vice Presidente di Confindustria, già Presidente di Confindustria Campania e Unione Industriali Napoli

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