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Avv. Antonio Damascelli
“Semplificare il groviglio, ridurre il numero, abbassare la scale delle aliquote delle imposte sul reddito è la condizione essenziale affinchè gli accertamenti cessino di essere un inganno, anzi una farsa. Affinchè i contribuenti siano onesti, fa d’uopo innanzitutto sia onesto lo Stato. Affinchè si ricostruisca è necessario che i cittadini abbiano una speranza. Affinchè si senta la consapevolezza di essere parte dello Stato, della Regione, della Provincia, del Comune occorre che lo stato, la regione, la provincia, il comune prelevino soltanto la parte del prodotto comune che gli enti pubblici, insieme con i cittadini, hanno contribuito a creare. Se i cittadini spereranno di nuovo che del prodotto comune la parte maggiore ricomincerà a restare legalmente a loro disposizione, essi non si sforzeranno più a tenerla per sé per vie illegali, con la frode fiscale. Oggi, la frode è provocata dalla legge.. Non v’ha dubbio che se le leggi vigenti fossero osservate- quelle vigenti, all’infuori di quelle annunciate per l’avvenire – le sole imposte sul reddito assorbirebbero dal 4 al 75 per cento del reddito dei cittadini. Se alle imposte sul reddito aggiungiamo quelle di successione, del registro e bollo, sull’entrata e suoi consumi, noi giungeremmo, se qualcuno tentasse di fare il conto, a percentuali grottesche, che andrebbero probabilmente dal 30 al 200 e forse più per cento del reddito. In materia di imposte, la legalità ha ucciso non la giustizia ma anche il buon senso. La legge è violata perché è assurdo osservarla.”
Non è un pensiero di quest’oggi, non appartiene all’attualità ma è attuale. E’ quanto ebbe a scrivere Luigi Einaudi nel 1946 (L. Einaudi, saggio su L’imposta patrimoniale ed. La città libera 1946).
Puntualmente, con la legge di bilancio annuale si sono levati apprezzamenti e malumori, frutto, più che di giudizi tecnici, di valutazioni di opportunità politiche volte a porre in cattiva luce l’avversario.
Pur comprendendo tutto, questo parapetto ideologico non va affatto incontro alle preoccupazioni lanciate bel 77 anni or sono dall’illustre economista e, se così stanno le cose, tra 77 anni i nostri nipoti si troveranno allo stesso contenuto di analisi.
E’ un parapetto che assomiglia molto all’antilingua dipinta magistralmente da Italo Calvino, a quel modo di pensare e di parlare in antilingua, che lo scrittore definiva “terrore semantico”.
Che senso abbia parlare per slogan, indubbiamente in modo altrettanto assertivo, quando il dato tecnico resta indefinito?
Si prendano i provvedimenti ultimi di iniziativa governativa: la legge 130 del 2022 sulla riforma della giustizia tributaria è stata rivolta ad arginare l’immenso arretrato della Suprema Corte, come invocato da ogni parte, mentre le disposizioni agevolative introdotte dalla legge di bilancio (liti pendenti e rottamazione) sono espressione di realismo e buon senso.
Aver soppresso il pagamento delle sanzioni e degli interessi moratori dei ruoli pregressi non è atto di clemenza o regalo agli evasori (ritorna l’antilingua) perché l’obbligo di pagamento dell’imposta rimane.
Nel nostro sistema fiscale le sanzioni sono sproporzionate ed irragionevoli, a fronte della loro funzione effettiva e dissuasiva, e condivisibile è apparsa la volontà politica del vice Ministro delle Finanze di porvi mano per un riordino. Le sanzioni non incidono sul bilancio di previsione, poiché sono legate all’inadempimento delle imposte prevedibilmente riscuotibili. Ridimensionare le aliquote è cosa saggia e tecnicamente sostenibile, così come sarebbe cosa saggia e giusta intervenire anche sul fronte delle sanzioni penali per ragiono speculari.
Ma se continuassimo a cedere al politicamente corretto resteremmo al palo.
Avv. Antonio Damascelli - Presidente Unione Nazionale Camere Avvocati Tributaristi