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Sulla prova della notifica della Pec nel PTT: una ricostruzione sistematica

Avv. Umberto Santi

Processo Tributario

I.- INQUADRAMENTO DELLA QUESTIONE

Alcune sentenze tributarie di merito hanno stabilito l’inammissibilità del ricorso tributario telematico, qualora in giudizio la prova della notifica a controparte dell’atto introduttivo sia fornita con il deposito telematico delle «copie per immagine delle copie su supporto cartaceo di una ricevuta di accettazione e di una ricevuta consegna senza allegare l'impossibilità di depositare telematicamente i relativi originali o duplicati informatici e nemmeno attestare la conformità delle copie depositate ai relativi originali». Tale interpretazione non a caso appare resa con sentenze “a sorpresa”, nulle per violazione dell’art. 1012 c.p.c. Tale orientamento in primo luogo deriva da forzature che paiono dirette solamente allo smaltimento “forzato” del contenzioso: per es. si pretende (senza il minimo approfondimento) di “traslare” l’inammissibilità prevista nel rito ordinario per il caso del mancato deposito di “fotocopia della ricevuta” (art. 22, comma 1, D. L.vo 546/’92) al caso ben diverso in cui nel PTT un deposito sostanzialmente equivalente invece vi sia e addirittura avvenga con apposizione della firma digitale del difensore. Ancora, si ignora completamente che nella normativa alla quale il PTT rinvia è posta in via generale per ogni violazione – ivi comprese quelle sulla forma delle ricevute di notifica prodotte in giudizio – la sanzione della nullità (la quale è sanabile per raggiungimento dello scopo …) e non quella della inammissibilità. Ancora, si pretende di imporre al difensore (sotto sanzione di inammissibilità) l’utilizzo di formati di files non rientranti tra quelli consentiti nella disciplina del PTT, e addirittura si stigmatizza che il difensore non abbia reso una motivazione circa il mancato utilizzo di tali formati che la disciplina del PTT non prevede: il difensore è censurato per non aver spiegato perché non ha trasgredito alle norme tecniche vigenti. Una piana lettura delle norme – come integrate dal duplice rinvio che esse espressamente prevedono – porta invece a conclusioni diametralmente opposte. Ma, in secondo luogo, e soprattutto, sono gravemente violati i fondamentali principi eurounitari, costituzionali e del nostro ordinamento processuale, nel tentativo di imporre la prevalenza di un preteso formalismo giuridico – peraltro contra legem, perché frutto di norme interpretate al contrario – sulla sostanza (sostanza che invece trova rigorosa tutela anche nelle minuziose norme tecniche e nella catena di rinvii). Sono infatti frontalmente violati: ▪ il principio fondamentale della principale norma eurounitaria in tema di telematica - il Regolamento eIDAS -, cioè il principio di non discriminazione dei documenti elettronici rispetto ai documenti cartacei; ▪ il principio del giusto processo ed il corollario equilibrio tra l’esigenza di porre regole di accesso alle impugnazioni e l'esigenza di un equo processo: art. 6 CEDU, artt. 47 e 54 della Carta di Nizza, art. 111 Cost.; ▪ diritto di difesa ▪ diritto al contraddittorio.

II.- ALCUNE SENTENZE DI MERITO

Alcune sentenze tributarie di merito (Ctp Napoli, Sez. I, 7.11.2019, n. 11657/’19; Ctp Napoli, Sez. I, 13.2.2020, n. 1941/’20; Ctp Napoli, Sez. IX, 26.5.2020, n. 3606) hanno stabilito l’inammissibilità del ricorso tributario telematico, qualora in giudizio la prova della notifica a controparte dell’atto introduttivo sia fornita con il deposito telematico delle «copie per immagine delle copie su supporto cartaceo di una ricevuta di accettazione e di una ricevuta consegna senza allegare l'impossibilità di depositare telematicamente i relativi originali o duplicati informatici e nemmeno attestare la conformità delle copie depositate ai relativi originali», ovvero delle «copie informatiche per immagine delle copie su supporto analogico delle sole ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, per di più prive di qualsiasi attestazione della loro conformità ai relativi originali informatici» (CTP Napoli n. 1941/’00), ovvero «allegato al ricorso (depositato telematicamente), una semplice copia cartacea scansionata delle ricevute Pec di accettazione e avvenuta consegna, in assenza di valide ragioni giustificative della deroga all'onere di invio telematico della prova telematica della notifica via PEC ai sensi dell'art. 19 bis del Provv. Resp. DGSIA 16 aprile 2014» (CTP Napoli, n. 3606/’00, che peraltro fa riferimento alle norme tecniche del processo civile, anziché a quelle del processo tributario contenute nel Decreto del Direttore Generale delle Finanze 4.8.2015). Nelle fattispecie decise, quindi, anziché le ricevute (ovvero il loro duplicato informatico) erano state depositate le copie informatiche delle copie analogiche delle originali ricevute informatiche, prive di attestazioni di conformità.

III.- NULLITÀ DELLE SENTENZE A SORPRESA PARTENOPEE PER VIOLAZIONE DELL'ART 101, COMMA 2, CPC

Una preliminare considerazione non può essere evitata, alla luce della ricostruzione dello svolgimento del processo che si legge nelle sentenze in commento. Il secondo comma dell'art. 101 c.p.c. considera una specifica applicazione del principio del contradditorio la prevista nullità delle decisioni "a sorpresa", definite anche decisioni "della terza via". Tale situazione si verifica ogni qualvolta il giudice rilevi ex officio una questione ritenuta decisiva ai fini della deliberazione ma non discussa dalle parti. In tali casi il giudice non è libero di decidere la questione direttamente in sentenza ma, al contrario, ha l'obbligo di riconoscere alle parti un termine, tra i venti ed i quaranta giorni, affinché queste possano esercitare le proprie difese con il deposito in cancelleria di eventuali memorie difensive. Contravvenire ad un tale adempimento comporta – per previsione espressa - la nullità della sentenza. Un siffatto esito si pone come necessario poiché una decisione a sorpresa costituisce una radicale violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.

IV.- NORMATIVA SUL DEPOSITO DELLE RICEVUTE DI NOTIFICA

La fattispecie è disciplinata dal combinato disposto dell’art. 16 comma 3 D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 [c.d. "Decreto fiscale], dell'articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge 21 gennaio 1994, n. 53, e degli artt. 22 e 23 comma 2 CAD (D.L.vo 7 marzo 2005, n. 82 [c.d. "Codice dell'amministrazione digitale"]). L’art. 16, comma 3, D.L. 119/’18 (relativo alla «Giustizia tributaria digitale»), prevede per il PTT che «In tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, il difensore o il dipendente di cui si avvalgono l'ente impositore, l'agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, provvedono ai sensi dell'articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge 21 gennaio 1994, n. 53. I soggetti di cui al periodo precedente nel compimento di tali attività assumono ad ogni effetto la veste di pubblico ufficiale».

Dunque la norma sul PTT rinvia alla Legge 53/’94 sulle notifiche degli avvocati.

L'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, L. 21 gennaio 1994, n. 53, dispone come segue: «1-bis. Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato a norma dell'articolo 3-bis, l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. 1-ter. In tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis».

Dunque la Legge 53/’94 a sua volta rinvia al CAD (D. L.vo 82/’05). L’art. 23 comma 2 D. L.vo 82/’05 stabilisce che “Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto l'obbligo di conservazione dell'originale informatico". Analoga disposizione è dettata al precedente art. 22 CAD per le «Copie informatiche di documenti analogici». Analoga disposizione infine è dettata anche dal successivo art. 23 bis comma 2 D.L.vo 82/’05 per le «Copie informatiche di documenti informatici». È inoltre opportuno ricordare che il D. L.vo 82/’05 (CAD), nonostante il nome, non si rivolge solo alla P.A. ma ha portata generale ed è quindi applicabile a prescindere dagli espressi rinvii sopra richiamati.

V.- SULLA IMPOSSIBILITÀ DI FORNIRE LA PROVA DELLA NOTIFICAZIONE O DELLA COMUNICAZIONE ESEGUITE A MEZZO DI POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA CON MODALITÀ TELEMATICHE

L’art. 16, comma 3, D.L. 119/’18 si riferisce a «tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche». L’art. 9, comma 1-ter, L. 53/’94 a sua volta si riferisce a «tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche». La prova con modalità telematica della notificazione è costituita dal deposito telematico dei files in formato.eml delle ricevute di accettazione e di consegna della PEC di notifica. Tale prova è particolarmente esauriente qualora opportunamente al momento della spedizione della PEC sia richiesta la ricevuta completa (7), la quale contiene copia di tutti i files notificati. Ebbene, la normativa del PTT non consente di fornire tale prova. Infatti il formato.eml non è contemplato dalle norme tecniche PTT, ma solo dalla Circolare 1/DF del 4 luglio 2019 (al par. 4.3), dalle istruzioni contenute nel Portale della Giustizia Tributaria (8) e da pubblicazioni varie della Direzione della Giustizia Tributaria del MEF. L’art. 10 del Decreto del Direttore Generale delle Finanze 4.8.2015 stabilisce che «1. Il ricorso e ogni altro atto processuale in forma di documento informatico rispettano i seguenti requisiti: a) sono in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b; (…) 2. I documenti informatici allegati, per i quali è ammessa la scansione in formato immagine di documenti analogici, rispettano i seguenti requisiti: a) sono in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b, oppure TIFF con una risoluzione non superiore a 300 DPI, in bianco e nero e compressione CCITT Group IV (modalita' Fax); (…)». Il formato.eml è stato (successivamente) “ammesso” dal portale del Sigit e dalla prassi, ma non è stato recepito nella normativa sul processo tributario telematico. Dunque non è legittimo pretendere nel PTT che sia fornita con modalità telematiche - ovverossia con la produzione di files in formato.eml - la prova della notificazione eseguita a mezzo di posta elettronica certificata.

VI.- LA SOLUZIONE DELLA L. 53/’94.

La normativa del PTT rinvia alla L. 53/’94, nella quale il comma 1-ter dell’art. 9 «in tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche» a sua volta rinvia al precedente comma 1-bis, in base al quale «l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82». La copia del messaggio di posta elettronica certificata è contenuta nella ricevuta di consegna o nella sua copia; gli allegati al messaggio PEC sono ricorso, procura o altro e sono ovviamente depositati al Sigit; la copia della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna – nelle sentenze in commento – era stata prodotta perché il difensore ne aveva estratto copia su supporto analogico, della quale aveva poi prodotto nel processo digitale una copia digitale. Insomma, tutto quanto richiesto dalla L. 53/’94 è sempre depositato. Manca però l’attestazione di conformità ai sensi del D. L.vo 82/’05.

VII.- IL PRINCIPIO DI NON CONTESTAZIONE MANCANZA DELL'ATTESTAZIONE DI CONFORMITÀ AI SENSI DEL D. L. VO 82/’05 L’ ART 2712 COD CIV COME MODIFICATO PROPRIO DAL D.L.VO 82/’05.

L’attestazione di conformità ai sensi del D. L.vo 82/’05 è richiesta dal comma 1-bis dell’art. 9 L. 53/’94, ed è altresì richiamata dall’art. 25-bis D. L.vo 546/’92. Gli artt. 22 e 23 D. L.vo 82/’05 disciplinano comunque il valore delle copie anche quando prive dell’attestazione di conformità, stabilendo che «hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta», qualora siano formate «nel rispetto delle Linee guida» (art. 22, comma 2, D. L.vo 82/’05) ovvero – con locuzione equivalente - «conformi alle vigenti regole tecniche» (art. 23, comma 2, D. L.vo 82/’05). Il D. L.vo 82/’05 (CAD) ha inciso anche sul Codice Civile: ha infatti modificato l’art. 2712 Cod. Civ. come segue: «Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime». Il Codice Civile non pone altre condizioni né altri requisiti, oltre alla mancata contestazione. Nelle tre cause in commento non era stata espressamente disconosciuta la conformità delle copie delle ricevute prodotte.

VII.1.- La conferma della Circolare n. 1/DF del 4 luglio 2019.

Una simile “modalità” di deposito delle ricevute (se non contestate) è inoltre ammessa dalla stessa Circolare n. 1/DF del 4 luglio 2019 (l’unico “atto ufficiale” che ammette la produzione dei file.eml), la quale afferma l’ammissibilità, quali modalità alternative di produzione delle ricevute, delle seguenti produzioni: a) senza modificare l’estensione del file “.eml” in quanto formato nativo digitale contenente i file digitali degli atti notificati; b) effettuando il salvataggio con il formato PDF/A 1a-1b e predisponendo, sullo stesso documento informatico o su atto separato, una attestazione di conformità ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (CAD) – opzione riservata ai soli pubblici ufficiali- con l’obbligo di conservazione dell'originale informatico, ove previsto; c) effettuando esclusivamente il salvataggio con il formato PDF/A 1a-1b, tenuto conto che anche senza una espressa dichiarazione di conformità, ai sensi dello stesso articolo 23-bis, comma 2, del CAD, tale copia informatica ha la stessa efficacia probatoria dell'originale se la sua conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l'obbligo di conservazione dell'originale informatico. Ne consegue la piana ammissibilità della produzione delle “stampe PDF/A 1a-1b” delle ricevute di accettazione e consegna. Appare invece del tutto irrilevante a questi fini l’ulteriore passaggio a cui il ricorrente ha sottoposto le ricevute delle notifiche, prima stampate e poi scansionate, in quanto il contenuto sostanziale dell’atto rimane lo stesso.

VIII.- SEGUE LA FORMAZIONE DELLE COPIE « NEL RISPETTO DELLE L INEE GUIDA » E « CONFORMI ALLE VIGENTI REGOLE TECNICHE ».

Nelle fattispecie decise erano state depositate le copie informatiche delle copie analogiche delle originali ricevute informatiche. Per le copie informatiche di documenti analogici, le Linee guida stabiliscono che «La copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico di cui all’art. 22, commi 2 e 3, del Codice è prodotta mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto, previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell’originale e della copia» (13). La copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico realizzata mediante scansione in pdf di un foglio stampato appare in grado di assicurare che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto.

Il principio di non contestazione appare applicabile anche alla fase della copia analogica dell’originale ricevuta informatica almeno per un duplice ordine di motivi. Innanzitutto, la copia analogica di documenti informatici appare conforme alle vigenti regole tecniche, riguardo alle quali è dato rinvenire la definizione nel Glossario allegato al DPCM 13 novembre 2014, secondo cui «copia analogica del documento informatico» è il «documento analogico avente contenuto identico a quello del documento informatico da cui è tratto». La stampa della ricevuta è idonea ad assicurare un contenuto identico a quello della ricevuta PEC. La mancanza degli allegati alla ricevuta di accettazione ed alla ricevuta di consegna non appare in grado di inficiare la corrispondenza di contenuto delle ricevute, oltretutto considerando che le informazioni rilevanti ricavabili dagli allegati sono riportate anche nelle ricevute. In secondo luogo, il principio di non contestazione è comunque stabilito in via generale dall’art. 2712 del Codice Civile, nella versione vigente così sostituita proprio dal D. L.vo 82/’05 (CAD).

IX.- PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCESSO N ECESSARIO EQUILIBRIO TRA L ESIGENZA DI PORRE REGOLE DI ACCESSO ALLE IMPUGNAZIONI E L'ESIGENZA DI UN EQUO PROCESSO NELLA PROSPETTIVA DELL'ART 6 CEDU DEGLI ARTT 47 E 54 DELLA CARTA DI NIZZA E DELL'ART 111 COST

In dottrina è stato evidenziato come «la mancanza della formula di autentica non dovrebbe sempre portare a conseguenze tanto drastiche, non solo in ragione della funzione assegnata in generale a tale adempimento, che è, appunto, quella di attestare la conformità della copia all’atto; ma anche nella prospettiva, più generale, di allineare l'interpretazione delle regole alla base del PCT ad una prudente ragionevolezza, nella prospettiva di un giusto processo in cui non dovrebbero trovare spazio irragionevoli restrizioni del diritto ad una decisione nel merito». Ancora, sono stati richiamati in tema «art. 6 CEDU e art. 47 della Carta di Nizza, i quali impongono la ricerca di un equilibrio tra l'esigenza di porre regole di accesso alle impugnazioni e quella di un equo processo». L’art. 6 Cedu - in tema di notifica nel processo tributario («con riferimento ai processi riguardanti sanzioni tributarie aventi copertura convenzionale» e «con riferimento al contenzioso sui tributi armonizzati») - è stato richiamato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione come presidio «riguardo all'irrazionale e discriminante ostacolo all'accesso alla giurisdizione».

X.- L’ IPOTESI DELLA MANCATA OPPOSIZIONE DA PARTE DI UN CONTUMACE I PRINCIPI APPLICATI IN UNA FATTISPECIE SOTTO QUESTO PROFILO SIMILE DA CORTE COST 1986 N.250

Il principio di non contestazione potrebbe trovare “remore” legate all’eventuale mancata costituzione in giudizio del destinatario della notifica, in relazione alla possibile menomazione del suo diritto di difesa. Ebbene, in una fattispecie sotto questo profilo simile la Corte costituzionale ha stabilito «l'illegittimità costituzionale dell'art. 292 c.p.c. nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata nei procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi al pretore e al conciliatore» (Corte Cost., 28.11.1986, n. 250). Una simile notifica al contumace da parte della Commissione Tributaria appare quindi una soluzione idonea ad evitare tali “remore”.

XI.- LE CONSEGUENZE DELLA VIOLAZIONE DELLE NORME DELLA L. 53/’94

Alcune delle sentenze in commento richiamano l’inammissibilità sancita dall’art. 22 D. L.vo 546/’92, l’inammissibilità la quale peraltro è riferita al mancato deposito di «fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale», non di un originale della ricevuta o di una fotocopia munita di attestazione di conformità. Tali considerazioni devono essere altresì valutate anche alla luce del fondamentale principio di non discriminazione dei documenti elettronici rispetto ai documenti cartacei posto dal regolamento eIDAS, di cui al successivo par. XIV.- . In secondo luogo, nella normativa alla quale si fa rinvio, la conseguenza della inosservanza delle «disposizioni di cui agli articoli precedenti» (le quali tra l’altro prevedono appunto l’attestazione di conformità) è la nullità (sia pure, sancita con riferimento alla notifica, non specificamente alla sua prova in giudizio) (art. 11 L. 53/’94)

XII.- SEGUE SANATORIA PER RAGGIUNGIMENTO DELLO SCOPO

Qualora non si tratti di inammissibilità, si pone la questione della sanatoria per raggiungimento dello scopo (inapplicabile in caso di inammissibilità, ed invece applicabile in caso di nullità). È stato stabilito che l'inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità (Cass. Civ., Sezioni Unite, n. 14916/’16, principio recentemente ribadito dall’Ordinanza n. 23593/’19 della Sesta Sezione, nonché dalla sentenza n. 306/’18 della Comm. Trib. Reg. per l’Abruzzo e dalla sentenza n. 1441/’19 della Comm. Trib. Reg. per la Toscana). Per quanto attiene specificamente al deposito della ricevuta della notifica, è stata recentemente stabilito dalla Suprema Corte che «la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell'atto di appello è validamente fornita dal notificante mediante la produzione dell'elenco delle raccomandate recante il timbro delle poste» al posto della «ricevuta di spedizione del ricorso»: nel ragionamento della Corte l'elenco delle raccomandate consente il raggiungimento dello scopo di provare il perfezionamento della notifica. Già le Sezioni Unite avevano posto la questione in termini di raggiungimento dello scopo proprio del deposito della ricevuta di notifica, sancendo la legittimità del comportamento processuale della parte che «depositi l'avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell'avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Solo in tal caso, infatti, l'avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria».

XIII.- VALORE DELL'APPOSIZIONE DELLA FIRMA DIGITALE AI DOCUMENTI DEPOSITATI AL PORTALE SIGIT

Si pone altresì il problema del valore e della portata da attribuire all’apposizione della firma digitale del difensore - sia pur senza attestazione di conformità - ai files delle ricevute prodotti in giudizio come documenti. Al momento ci si limita alla segnalazione del punto problematico, non affrontato dalle sentenze in commento.

XIV.- VIOLAZIONE DEL FONDAMENTALE PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE DEI DOCUMENTI ELETTRONICI RISPETTO AI DOCUMENTI CARTACEI POSTO DAL REGOLAMENTO EIDAS

Il REGOLAMENTO EIDAS (Regolamento (UE) № 910/2014 del 23 luglio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno) stabilisce il principio di non discriminazione dei documenti elettronici rispetto ai documenti cartacei (artt. 25 e 46). La normativa qui in commento, e in particolare la sua interpretazione da parte delle tre sentenze di CTP Napoli, introducono per le ricevute digitali requisiti ben più rigidi rispetto a quelli dettati per le ricevute cartacee, per le quali non era prevista né la produzione in originale né un’attestazione di conformità. È importante ricordare che la normativa del processo tributario “cartaceo” non solo ha coesistito con quella del PTT fino al 30 giugno 2019, ma trova tuttora applicazione (per es. in caso di autodifesa per le liti minori). È evidente la violazione del fondamentale principio di non discriminazione dei documenti elettronici rispetto ai documenti cartacei.

XV.- CONCLUSIONI

L’interpretazione e le conclusioni alle quali pervengono le sentenze in commento non appaiono condivisibile. In primo luogo, una piana lettura delle norme sul PTT (art. 16 comma 3 D.L. 23 ottobre 2018, n. 119) – come integrate dal duplice rinvio che esse espressamente prevedono (all'articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge 21 gennaio 1994, n. 53, e agli artt. 22 e 23 comma 2 CAD) – porta a conclusioni diametralmente opposte (come si è illustrato in particolare nei parr. IV.- a VIII.- e X.- a XI.- ), conclusioni nelle quali forma e sostanza confluiscono nella medesima direzione interpretativa. In secondo luogo, comunque, l’interpretazione seguita dalle sentenze in commento comporta gravi violazioni di fondamentali principi eurounitari, costituzionali e del nostro ordinamento processuale, nel tentativo – come rilevato all’inizio di queste note - di imporre la prevalenza di un preteso formalismo giuridico – peraltro contra legem, perché frutto di norme interpretate al contrario – sulla sostanza. Il percorso argomentativo delle sentenze della Commissione Tributaria Provinciale partenopea riecheggia infatti “tristemente” quello seguito per un certo periodo dalla Suprema Corte, che aveva dichiarato improcedibili numerosi ricorsi in quanto gli stessi non avrebbero rispettato i requisiti di cui all’art. 369 c.p.c., che prevede a pena di improcedibilità la produzione del ricorso notificato nonché della “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione”. Nel caso la Suprema Corte, parallelamente a quanto fatto dalla Commissione in questa sede, proponeva - per legittimare le proprie decisioni di improcedibilità - un ragionamento complesso (delineato con particolare chiarezza nella pronuncia n. 30765/’17) secondo cui:

  1. La sanzione dell’improcedibilità non consente la sanatoria per il raggiungimento dello scopo (prevista unicamente per le nullità).
  2. La non contestazione da parte della controparte non consente di sanare il vizio.
  3. Esiste la possibilità di procedere (mutatis mutandis) alla produzione della sentenza impugnata notificata via PEC o del ricorso notificato via PEC in cartaceo in Cassazione attestandone la conformità (possibilità fino ad allora contestata). Allo stesso modo la Commissione Tributaria partenopea afferma che:
  4. La sanzione dell’inammissibilità di cui all’art. 22 D. L.vo 546/’92 non consente la sanatoria per il raggiungimento dello scopo (prevista unicamente per le nullità).
  5. La non contestazione da parte della controparte non consente di sanare il vizio.
  6. Esiste la possibilità di procedere alla produzione dei files di notifica in formato .eml (possibilità fino ad oggi contestata, e comunque priva di “copertura” normativa). L’orientamento della Corte di Cassazione appena citato è stato infine superato con le sentenze a Sezioni Unite n. 22438/’18 e n. 8312/’19, che si sono orientate verso un'interpretazione maggiormente improntata a salvaguardare il «diritto fondamentale di azione» (e, quindi, anche di impugnazione) e il diritto di difesa in giudizio (art. 24 Cost.), che valorizza il principio dell'effettività della tutela giurisdizionale, alla cui realizzazione coopera, in quanto principio "mezzo", il giusto processo dalla durata ragionevole (art. 111 Cost.), in una dimensione complessiva di garanzie che rappresentano patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (art. 47 della Carta di Nizza, art. 19 del Trattato sull'Unione europea, art. 6 CEDU)». Con diffuso ragionamento la Suprema Corte poi, nelle due sentenze a Sezioni Unite citate, ha superato i vari argomenti posti a fondamento delle pronunce precedenti (anche sulla base del principio di non discriminazione del documento informatico sancito dal citato Regolamento eIDAS agli artt. 25 e 46) affermando l’obiettivo di garantire il giusto processo evitando inutili formalismi, specie allorquando questi penalizzano il difensore “digitale” rispetto a quello “analogico”. La Cassazione ha infine confermato il potere (prima contestato) degli avvocati di attestare la conformità della copia dimessa in Cassazione della sentenza e/o del ricorso notificati via PEC. Il percorso appena descritto è esattamente il medesimo che ci si augura nella Giustizia tributaria (a superamento della posizione della Commissione Tributaria Provinciale partenopea), con la conferma di un potere di depositare i file della notifica in formato .eml che in effetti la prassi e gli strumenti sembrano confermare, ma al contempo con il rigetto di una lettura formalistica – ma anche contra legem - della normativa che regola il processo tributario telematico, senza dover per forza ricorrere alle Sezioni Unite della Cassazione perché ribadiscano i principi già espressi nel 2018 e 2019. Sia la corretta interpretazione delle norme tecniche e di dettaglio, sia i fondamentali principi eurounitari, costituzionali e del nostro ordinamento processuale, convergono ad indicare la soluzione opposta rispetto a quella seguita dalle sentenze in commento.

Avv. Umberto Santi, Avvocato tributarista cassazionista, Vicepresidente della Camera degli avvocati tributaristi del Veneto, Consigliere nazionale Uncat

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