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L’omessa apposizione del visto di conformità configura una violazione formale

Avv. Alberto Renda e Dott. Federico De Leo

Giurisprudenza Corte di Cassazione​

Con l’ordinanza 25736, depositata il 1° settembre 2022, la Corte di Cassazione ribadisce che la mancata apposizione del visto di conformità, ai sensi dell’art. 10 del D.L. n. 78 del 2009, da parte del professionista abilitato costituisce una violazione di natura formale e che, come tale, non è soggetta all’applicazione della sanzione proporzionale, di cui all’art. 13, comma 4, del D.lgs. n. 471 del 1997. La controversia risolta dalla pronuncia della Corte di Cassazione in commento si riferisce a una società che aveva utilizzato un credito IVA in compensazione con altri tributi, in applicazione dell’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, senza che fosse stato preventivamente apposto sulla dichiarazione il visto di conformità, di cui all'articolo 35, co. 1, lettera a), del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241. Nello specifico, il visto non è stato apposto regolarmente a causa di un errore materiale, non essendo stato indicato il codice fiscale del professionista per una asserita anomalia del software utilizzato da quest’ultimo.

La questione è giunta in Cassazione dopo che la Commissione tributaria regionale della Campania aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, giudicando legittima, oltre al recupero delle somme portate in compensazione dalla contribuente, l’irrogazione della sanzione del 30% per aver operato detta compensazione in violazione della prescrizione dell’art. 10, co. 1, lett. a), n. 7 del D.L. n. 78 del 2009, che dispone il recupero delle somme e l’irrogazione delle sanzioni da parte dell’Ente impositore nei casi in cui il contribuente abbia effettuato operazioni di compensazione di crediti di imposta per importi superiori a euro cinquemila (euro diecimila all’epoca dei fatti contestati) in assenza della previa apposizione del visto di conformità. Tanto l’Agenzia delle Entrate che i giudici della Commissione tributaria campana, applicando le sanzioni previste dall’art. 13, comma 4 del D.Lgs. n. 471 del 1997, hanno qualificato l’omissione del suddetto visto di conformità come violazione di tipo sostanziale e il credito utilizzato da controparte come “non spettante”, in considerazione della intervenuta violazione delle norme di legge che disciplinano le modalità del suo utilizzo. I giudici della Cassazione hanno cassato la sentenza della CTR e annullato il provvedimento di irrogazione della sanzione proporzionale adottato dall’Ufficio, accogliendo il ricorso della contribuente e ritenendo che la sanzione irrogata si ponga in contrasto con l’art. 10, co. 3 della Legge n. 212 del 2000, che esclude l’applicazione di sanzioni nel caso di violazioni meramente formali. Infatti, sostiene la Cassazione, non è contestata la spettanza del credito IVA recato in compensazione, atteso che la contestazione non aveva ad oggetto la sua entità, sussistenza o liquidità, ma solo il suo utilizzo in compensazione in via anticipata, in assenza della apposizione del visto di conformità in dichiarazione. La Corte ha richiamato a supporto delle proprie argomentazioni un orientamento consolidato in forza del quale, perché si configuri una violazione meramente formale, occorre che: i) la violazione accertata non comporti un pregiudizio per l’esercizio delle azioni di controllo; ii) la violazione non incida sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo. Tale orientamento, peraltro, riproduce il testo dell’art. 6, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 472 del 1997, che, tra le cause di non punibilità delle violazioni di norme tributarie, include, per l’appunto, le ipotesi in cui siano commesse violazioni formali. Nel caso di specie, entrambi i presupposti richiamati dalla Suprema Corte sarebbero configurabili. Osservano infatti i giudici di legittimità che il visto ha la duplice funzione di assicurare un controllo preventivo sulla esistenza e spettanza del credito posto in compensazione attraverso un controllo anticipato realizzato da un professionista abilitato nelle forme innanzi citate, la cui assenza non pregiudica né la potestà di controllo dell’Amministrazione finanziaria circa l’esistenza e la spettanza del credito né, tantomeno, la base imponibile dell’imposta e del tributo in concreto dovuto. Accertato sotto il profilo sostanziale che il credito IVA del contribuente è esistente e idoneo a essere portato in compensazione, la mancata apposizione del visto si risolve in una violazione di natura meramente formale che non determina il venir meno di tale diritto. Pertanto, contrariamente a quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate, compensare un credito in violazione dell’obbligo di apposizione del visto di conformità di cui all’art. 10 del D.L. n. 78 del 2009 non configura una violazione per omesso versamento sotto il profilo sanzionatorio, perché privo di carattere fraudolento e inidoneo di per sé ad arrecare un danno alle casse statali.

Tale interpretazione risulta conforme all’ordinanza n. 5289, resa dalla stessa Cassazione il 26 febbraio 2020, con la quale i giudici di legittimità avevano già affermato che alle compensazioni orizzontali effettuate in assenza di visto di conformità non può essere applicata la sanzione di cui all’ art. 13, comma 4, citato, qualora sia incontestata la titolarità del contribuente del credito IVA posto in compensazione, poiché nel caso di specie le violazioni commesse devono essere qualificate come meramente formali. La citata conclusione trova supporto sia nel principio di proporzionalità della sanzione, di derivazione comunitaria, sia nelle statuizioni dell’art. 10, comma 3, della Legge n. 212 del 2000, che escludono l’applicazione di sanzioni nel caso di violazioni meramente formali.

Avv. Alberto Renda, Avvocato Cassazionista, Dottore di ricerca in diritto tributario delle Società

Dott. Federico De Leo, Consulente legale diritto tributario

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