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La disparità di trattamento tra acquisizione in leasing o in proprietà degli immobili dei professionisti

Prof. Gianfranco Ferranti

Imposte dirette

Gli esercenti arti e professioni possono dedurre i canoni di leasing relativi agli immobili strumentali per un periodo non inferiore a 12 anni, a prescindere dalla durata contrattuale. Questo regime è più favorevole di quello relativo agli immobili acquisiti in proprietà, per i quali resta tuttora preclusa la possibilità di effettuare l’ammortamento. Tale disciplina, oltre a risultare asistematica e a provocare ingiustificate disparità di trattamento, fa sorgere la questione relativa alla imponibilità della plusvalenza realizzata a seguito della cessione del bene, avvenuta dopo aver dedotto i detti canoni, aver esercitato il riscatto e non aver potuto ammortizzare il costo sostenuto.

Per stabilire il regime applicabile, ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, in caso di acquisizione in leasing ovvero in proprietà degli immobili strumentali per l’esercizio dell’arte o professione occorre considerare la “stratificazione” degli interventi normativi che si sono succeduti nel tempo e che hanno di volta in volta fatto riferimento alla data di stipula del contratto di locazione finanziaria o al momento di acquisizione della proprietà. Attualmente i canoni di leasing sono deducibili – a partire dai contratti stipulati dal 1° gennaio 2014 - per un periodo non inferiore a 12 anni, a prescindere dalla durata contrattuale. Se quest’ultima è inferiore a tale limite l’importo del canone deducibile va “ricalcolato” facendo riferimento al periodo di 12 anni. Per gli immobili acquisiti in proprietà a partire dal 2010 non sono, invece, ammesse in deduzione quote di ammortamento, come confermato dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 38/E del 2010 e nel corso dell’incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018. Sussiste, pertanto, una ingiustificata disparità di trattamento tra le due diverse modalità di acquisizione degli immobili in esame, nonostante che in passato la stessa Agenzia abbia più volte ribadito il principio di equivalenza tra l’acquisto in proprietà e l’acquisizione in leasing. Una analoga disparità si verifica con riguardo agli immobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale e familiare del contribuente. Tale situazione ha fatto sorgere anche la questione interpretativa riguardante la imponibilità della plusvalenza derivante dalla cessione dell’immobile strumentale per il quale siano stati dedotti i canoni di leasing ma non le quote di ammortamento del costo sostenuto per il riscatto del bene. L’Agenzia ha affermato, in occasione del detto incontro con la stampa specializzata, che l’indeducibilità delle quote di ammortamento del costo sostenuto dal professionista per l’acquisto in proprietà dell’immobile strumentale risulta “contemperata dalla irrilevanza delle eventuali plusvalenze prodotte dal medesimo bene, in quanto, coerentemente con i chiarimenti resi nella … risoluzione n. 13/E del 2010, devono ritenersi, per ragioni di simmetria fiscale, parimenti irrilevanti nella formazione del reddito da lavoro autonomo le plusvalenze o minusvalenze realizzate per effetto della estromissione dei suddetti immobili dal regime del reddito di lavoro autonomo”. Si ritiene che il principio di “simmetria fiscale” sia senz’altro condivisibile e che, di conseguenza, l’eventuale plusvalenza realizzata a seguito della cessione del bene “riscattato” non possa essere esclusa dalla determinazione del reddito di lavoro autonomo ma vada tenuto conto anche della circostanza che il prezzo di riscatto non si è potuto dedurre sotto forma di quote di ammortamento. La soluzione interpretativa preferibile si ritiene sia, pertanto, quella di assoggettare ad imposizione soltanto la quota della plusvalenza (o dedurre la quota di minusvalenza) corrispondente al rapporto tra l’ammontare delle quote capitale dei canoni di leasing dedotti e l’importo complessivo di queste ultime e del prezzo di riscatto. Appare, in ogni caso, opportuno che venga quanto prima eliminata la detta disparità di trattamento, stabilendo la deducibilità, in sede di determinazione del reddito di lavoro autonomo, anche delle quote di ammortamento del costo degli immobili strumentali acquistati in proprietà.

La deduzione dei canoni di leasing immobiliare

Per individuare il regime fiscale applicabile ai canoni di leasing relativi agli immobili strumentali per l’esercizio dell’arte o professione occorre considerare la “stratificazione” degli interventi normativi che si sono succeduti nel tempo e che hanno di volta in volta fatto riferimento alla data di stipula del contratto . Per i contratti stipulati dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006 era stato ammesso in deduzione, in ciascun periodo d’imposta, soltanto un importo pari alla rendita catastale, a prescindere dal periodo di durata del contratto. Per i contratti di leasing immobiliare stipulati dal 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2009 i canoni sono deducibili - in base al disposto dell’art. 1, comma 335, della l. n. 296/2006 - a condizione che la durata degli stessi non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente previsto dall’apposito decreto ministeriale del 31 dicembre 1988 e comunque con un minimo di 8 e un massimo di 15 anni . L’importo deducibile dei detti canoni è stato, però, ridotto ad un terzo nei periodi d’imposta dal 2007 al 2009. Per gli anni successivi al 2009 i canoni di leasing relativi a tali contratti sono deducibili nel loro intero ammontare. Se i contratti sono stati stipulati dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2013 in relazione agli stessi non sono, invece, deducibili né i canoni di leasing né un importo pari alla rendita catastale . A partire dal 1° gennaio 2014 è stata, però, reintrodotta - dall’art. 1, comma 162, lett. a), della legge n. 147 del 2013 (Legge di stabilità 2014) - la deducibilità dei canoni per un periodo non inferiore a 12 anni, a prescindere dalla durata contrattuale. Se quest’ultima è inferiore a tale limite l’importo del canone deducibile va “ricalcolato” facendo riferimento al periodo di 12 anni; qualora risulti superiore, tale importo non deve essere, invece, modificato. Anche i canoni di leasing dei fabbricati strumentali sono deducibili secondo i criteri di cui all’art. 36, comma 7-bis, del D.L. n. 223 del 2006, in base al quale il costo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto di quello delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Ai fini della determinazione della quota indeducibile occorre, pertanto, innanzitutto separare dal totale dei canoni di competenza la quota interessi, determinata in misura pari all’importo risultante dal rapporto tra il costo sostenuto dalla società concedente (al netto del prezzo di riscatto) e il numero dei giorni di durata del contratto di locazione finanziaria, moltiplicato per il numero dei giorni del periodo d’imposta. Va poi applicata la percentuale del 20 per cento sulla quota capitale.

La indeducibilità delle quote di ammortamento

L’attuale regime fiscale del leasing immobiliare è, quindi, più favorevole di quello relativo agli immobili acquisiti in proprietà, per i quali resta tuttora preclusa la possibilità di effettuare l’ammortamento. A tale riguardo si ricorda che per stabilire il regime applicabile al costo dei beni immobili strumentali utilizzati esclusivamente per l’attività artistica o professionale rileva il momento di acquisizione della proprietà . Da ultimo, per gli immobili strumentali acquistati dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009 era stata prevista – dall’art. 1, commi 334 e 335, della legge n. 296 del 2006 – la deducibilità delle quote di ammortamento. Tali quote sono state ridotte ad un terzo per i periodi d’imposta 2007, 2008 e 2009 mentre a partire dal 2010 le stesse sono deducibili nel loro intero ammontare .

LA DISPARITA’ DI TRATTAMENTO

Acquisizione in leasing o in proprietà Per gli esercenti arti e professioni l’attuale regime fiscale del leasing immobiliare è più favorevole di quello relativo agli immobili acquisiti in proprietà, in quanto i canoni di locazione finanziaria sono deducibili in sede di determinazione del reddito di lavoro autonomo mentre resta preclusa la possibilità di effettuare l’ammortamento del costo di acquisto del bene. Appare, quindi, opportuno eliminare questa ingiustificata disparità di trattamento, anche perchè l’Agenzia delle entrate ha più volte ribadito il principio di equivalenza tra le due forme di investimento.

Per gli immobili acquisiti dopo il triennio 2007-2009 non sono, invece, ammesse in deduzione quote di ammortamento, come affermato nella circolare n. 38/E del 2010. Nel corso dell’incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018 l’Agenzia ha confermato che “in mancanza di un’espressa previsione normativa resta … a tutt’oggi preclusa la possibilità di dedurre gli ammortamenti relativi a beni immobili strumentali acquistati dal professionista a partire dal 1° gennaio 2010”. In tal modo si verifica, però, una ingiustificata disparità di trattamento tra le due diverse modalità di acquisizione degli immobili strumentali da parte degli esercenti arti e professioni, nonostante che in passato la stessa Agenzia abbia più volte ribadito - ad esempio, nelle risoluzioni n. 19/E/2004, n. 69/E/2004 e n. 27/E/2005 - il principio di equivalenza tra l’acquisto in proprietà e l’acquisizione in leasing . Si ricorda, altresì che nel secondo periodo del comma 3 dell’art. 54 del TUIR è stabilito che per i contratti relativi agli immobili “promiscui”, cioè adibiti all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale e familiare del contribuente, i canoni di leasing sono deducibili, per un periodo non inferiore a 12 anni, nella misura del 50 per cento, a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo Comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione . Tale regola si applica per i contratti di leasing stipulati a partire dal 1° gennaio 2014 . Anche in relazione ai contratti di leasing stipulati nel triennio 2007-2009 è, peraltro, possibile la deduzione di un importo pari al 50 per cento del relativo canone, ma il contratto deve avere durata non inferiore alla metà del periodo di ammortamento, con un minimo di 8 e un massimo di 15 anni. Il trattamento fiscale dei canoni di locazione finanziaria risultanti dai detti contratti risulta, di conseguenza, più favorevole rispetto al caso dell’acquisto in proprietà, in presenza del quale è consentita soltanto la deduzione del 50 per cento della rendita catastale (mentre l’intera rendita catastale concorre a formare il reddito complessivo quale reddito fondiario). Anche tale disciplina appare, quindi, asistematica e provoca un’ingiustificata disparità di trattamento.

Le plusvalenze

In base al tenore letterale dell’art. 54, commi 1-bis e 1-bis.1, del TUIR le plusvalenze conseguenti alla cessione degli immobili degli esercenti arti e professioni appaiono rilevare ancora ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo. D’altra parte, gli immobili cui si riferiscono restano strumentali ai sensi dell’art. 43 del TUIR. Si ricorda che nella risoluzione n. 13/E del 2010 è stato affermato che “ai fini della valutazione della strumentalità dell’immobile non assume … rilevanza la circostanza che l’acquisto sia stato effettuato in qualità di persona fisica o di esercente arte o professione, ma occorrerà valutare se l’immobile risulti, per destinazione esclusiva, adibito all’attività professionale. Occorre considerare, infatti, che nell’ambito delle disposizioni che disciplinano il reddito di lavoro autonomo non risulta presente una norma analoga a quella prevista per i titolari di reddito d’impresa dall’articolo 65 del Tuir in base alla quale si considerano relativi all’impresa i beni immobili indicati nell’articolo 43, comma 2, del Tuir, solo se espressamente indicati dall’imprenditore nell’inventario”. La detta conclusione non appare, però, sistematica e coerente, in quanto in relazione ai detti immobili strumentali sarebbe preclusa la deduzione delle quote di ammortamento mentre continuerebbero a rilevare le plus/minusvalenze al momento della dismissione degli stessi. Ciò in contrasto con quanto stabilito, invece, nell’ambito della riforma introdotta dalla legge n. 296 del 2006, che ha dato “simmetrica” rilevanza sia ai componenti positivi che a quelli negativi di reddito relativi agli immobili strumentali . Il dubbio interpretativo è stato risolto dall’Agenzia delle entrate in sede di risposta ad una domanda che le era stata posta nel corso dell’incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018, con la quale era stato chiesto se, atteso che i professionisti possono dedurre i canoni di locazione finanziaria relativi all’acquisto di beni immobili strumentali, “per identità di funzione” gli stessi potessero anche “dedurre le quote di ammortamento relative all’acquisto di beni immobili strumentali”. L’Agenzia ha, in tale occasione, precisato che l’indeducibilità del costo sostenuto dal professionista per l’acquisto diretto dell’immobile strumentale risulta “contemperata dalla irrilevanza delle eventuali plusvalenze prodotte dal medesimo bene, in quanto, coerentemente con i chiarimenti resi nella … risoluzione n. 13/E del 2010, devono ritenersi, per ragioni di simmetria fiscale, parimenti irrilevanti nella formazione del reddito da lavoro autonomo le plusvalenze o minusvalenze realizzate per effetto della estromissione dei suddetti immobili dal regime del reddito di lavoro autonomo”. Si ricorda che gli esercenti arti e professioni devono assoggettare ad imposizione le plusvalenze derivanti dalla estromissione di immobili strumentali solo se questi ultimi sono stati acquistati “successivamente al 1° gennaio 2007” . Sono, quindi, sempre irrilevanti, ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, le plusvalenze (e le eventuali minusvalenze) relative ad immobili acquisiti in precedenza, anche se adibiti esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione. Le plusvalenze relative agli immobili “promiscui”, cioè adibiti all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale e familiare del contribuente, non assumono, invece, rilevanza, in quanto tali immobili non sono considerati strumentali dall’art. 43 del TUIR, né risulta ammortizzabile il relativo costo. Si ritiene che in tal caso le plusvalenze non rientrino nemmeno tra quelle imponibili quali redditi diversi in caso di rivendita entro 5 anni dall’acquisto, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b), del TUIR, trattandosi di proventi pur sempre conseguiti nell’esercizio dell’arte o professione, così come i componenti negativi parzialmente deducibili in tale ambito. L’Agenzia delle entrate ha, come detto, sancito, nel corso del detto incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018, anche la irrilevanza delle plusvalenze e delle minusvalenze relative agli immobili acquistati a partire dal 1° gennaio 2010. La Direzione regionale del Piemonte ha affrontato, nella risposta ad interpello n. 901-209/2021, la questione relativa ad un contratto di leasing sottoscritto da un dottore commercialista in data 31 dicembre 2002 e nel quale è stato previsto il diritto di riscatto che è stato esercitato il 3 marzo 2011 . L’immobile è stato successivamente ceduto in data 20 marzo 2020. Il contribuente ha chiesto, al riguardo, di conoscere se la relativa plusvalenza dovesse essere o meno assoggettata ad imposizione, osservando che i canoni di leasing non erano mai stati dedotti e che il prezzo di riscatto non era stato ammortizzato. La DRE ha ricordato che nella citata risoluzione n. 13/E del 2010 è stato chiarito, richiamando la risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00752 del 21 febbraio 2007, che "l'estromissione dei beni immobili strumentali (cessione, risarcimento, etc.) dal regime del reddito di lavoro autonomo sia idonea a generare plusvalenze tassabili, o minusvalenze deducibili, solamente se riferibili ad immobili acquisiti dal professionista in epoca successiva all'entrata in vigore della norma e, quindi, successivamente al 1° gennaio 2007”. Pertanto, “l'eventuale plusvalenza o minusvalenza derivante dalla cessione dell'immobile strumentale, acquisito dal contribuente in data anteriore al 1° gennaio 2007, non assume rilevanza ai fini della determinazione del reddito professionale”.

LA QUESTIONE INTERPRETATIVA

La disciplina delle plusvalenze Nel caso in cui la parte del costo di acquisizione dell’immobile strumentale dell’esercente l’arte o professione compresa nella quota capitale del canone di leasing sia stata dedotta mentre l’ulteriore costo sostenuto per il riscatto del bene non si sia potuto dedurre sotto forma di quote di ammortamento, si pone la questione se, in caso di successiva cessione dell’immobile, l’eventuale plusvalenza realizzata debba, ed in che misura, concorrere alla determinazione del reddito di lavoro autonomo. Si ritiene che vada assoggettata ad imposizione soltanto la quota della plusvalenza corrispondente al rapporto tra l’ammontare delle quote capitale dei canoni di leasing dedotti e l’importo complessivo di queste ultime e del prezzo di riscatto.

La risposta fornita dalla DRE risulta corretta ma nella stessa si sarebbe dovuto valorizzare anche il momento nel quale è stato è stato effettuato il riscatto e, quindi, l’acquisto dell’immobile, il quale è avvenuto nel 2011, anno nel quale lo stesso non poteva, come detto, dare luogo, per gli esercenti arti e professioni, alla deduzione di quote di ammortamento. Qualora, però, il detto riscatto fosse stato esercitato nel corso del triennio 2007-2009 il professionista avrebbe potuto ammortizzare il costo sostenuto. In quest’ultima ipotesi si sarebbe posta la questione se dovesse assumere, invece, rilevanza la plusvalenza successivamente conseguita, attesa la deducibilità delle quote di ammortamento.

Canoni di leasing deducibili e prezzo di riscatto non ammortizzabile

Un caso che potrebbe verificarsi con maggiore frequenza è quello, “opposto” all’ipotesi da ultimo prospettata, nel quale il contratto di leasing immobiliare sia stato stipulato a partire dal 2014, i relativi canoni siano stati dedotti e successivamente sia stato esercitato il diritto di riscatto, senza, però, la possibilità - in base alla normativa vigente già ricordata – di ammortizzare il costo sostenuto. Se è vero, come affermato nel corso dell’incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018, che in presenza della indeducibilità del costo sostenuto dal professionista per l’acquisto dell’immobile strumentale “devono ritenersi, per ragioni di simmetria fiscale, parimenti irrilevanti nella formazione del reddito da lavoro autonomo le plusvalenze o minusvalenze realizzate per effetto della estromissione dei suddetti immobili dal regime del reddito di lavoro autonomo”, nel caso rappresentato la parte del costo di acquisizione compresa nella quota capitale del canone di leasing è stata dedotta mentre l’ulteriore costo sostenuto per il riscatto risulta non deducibile sotto forma di quote di ammortamento. Si pone, pertanto, la questione se in tale ipotesi, applicando la detta “simmetria fiscale”, la plusvalenza risulti o meno imponibile. Il Consiglio nazionale del notariato ha ritenuto, nello studio n. 64 del 2011, che “se il riscatto, che determina l’effettivo trasferimento della proprietà del bene, è avvenuto oltre il triennio 2007 – 2009, ma il contratto è stato stipulato all’interno di tale periodo, l’eventuale trasferimento successivo è idoneo a determinare una plusvalenza tassabile o una minusvalenza deducibile. Tale conclusione può essere supportata con una duplice argomentazione. Infatti con riferimento alla fattispecie prospettata l’utilizzatore potrebbe beneficiare della deducibilità dei canoni di locazione finanziaria. Pertanto sostenere che la plusvalenza è esclusa da tassazione per il solo fatto che il riscatto è stato esercitato dopo il 1° gennaio 2010 significherebbe aver introdotto nel sistema una “asimmetria” in contrasto con la disciplina di cui alla legge n. 296/2006. Inoltre, come già ricordato, si afferma sempre di più la tendenza, sia da parte dell’Agenzia delle entrate ma anche dello stesso legislatore, di riservare ai singoli beni, indipendentemente dalle forme di acquisizione (proprietà o locazione finanziaria), il medesimo trattamento ai fini tributari”. Aderendo a tale impostazione interpretativa si perverrebbe ad un’analoga conclusione con riferimento al caso in esame, nel quale i canoni di leasing sono stati dedotti in quanto il relativo contratto è stato stipulato a partire dal 2014. Al riguardo si ritiene che il detto principio di “simmetria fiscale” sia senz’altro condivisibile e che, di conseguenza, l’eventuale plusvalenza realizzata a seguito della cessione del bene “riscattato” non possa essere esclusa dalla determinazione del reddito di lavoro autonomo. Occorre, però, al tempo stesso tenere in debita considerazione che la detta plusvalenza è determinata sulla base del confronto tra il corrispettivo conseguito e il costo rappresentato dal prezzo di riscatto e che quest’ultimo non si è potuto dedurre sotto forma di quote di ammortamento. La soluzione interpretativa preferibile si ritiene sia, pertanto, quella di assoggettare ad imposizione soltanto la quota della plusvalenza (o dedurre la quota di minusvalenza) corrispondente al rapporto tra l’ammontare delle quote capitale dei canoni di leasing dedotti e l’importo complessivo di queste ultime e del prezzo di riscatto. Tale soluzione risulterebbe in qualche modo analoga a quella adottata dal legislatore nel comma 2 dell’art. 164 del TUIR, nel quale è stabilito che, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, le plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali derivanti dalla cessione di un’autovettura, autocaravan, motociclo o ciclomotore, rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato. L’Agenzia delle entrate ha affermato, nella circolare n. 28/E del 2006 , che tale regola è applicabile anche in sede di determinazione del reddito di lavoro autonomo, nonostante sia stata, come detto, esplicitamente stabilita soltanto ai fini della determinazione del reddito d’impresa. L’Assonime ha ritenuto, nella circolare n. 9 del 1998, che alle medesime conclusioni si debba pervenire in caso di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o per il danneggiamento del bene. Nella circolare n. 47/E del 2008 l’Agenzia delle entrate ha precisato che tale norma “si preoccupa, a ben vedere, di creare una simmetria impositiva tra la rilevanza fiscale della plusvalenza (o minusvalenza) conseguita all’atto del realizzo del cespite e la deducibilità fiscale dei costi allo stesso relativi consentita nei limiti previsti dall’articolo 164 del TUIR. In altre parole, poiché i componenti negativi sostenuti con riferimento al cespite oggetto di alienazione sono stati parzialmente sterilizzati per effetto della particolare disciplina limitativa di cui all’art. 164, comma 1, lett. b), TUIR, il legislatore fiscale ritiene congruo prevedere che il componente risultante dal realizzo (plusvalenza o minusvalenza) concorra alla formazione dell’imponibile nella medesima misura nella quale hanno in precedenza avuto rilevanza fiscale i predetti costi” .

Fonte: Corriere Tributario

Prof. Gianfranco Ferranti, Ordinario Diritto Tributario Scuola Nazionale dell’Amministrazione, Direttore Rivista “Il Fisco”, Condirettore scientifico della rivista “Corriere Tributario”

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