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Istanza dell’operatore di revisione dell’accertamento doganale. I limiti tracciati dalla Corte di Giustizia.

Avv. Gabriele Damascelli

Iva e Dogane

Con le recenti sentenze C-496/19 e C-97/19 del 16 luglio 2020 la Corte europea ha tracciato il perimetro di applicazione della revisione dell’accertamento doganale nella versione codificata dall’art. 78 CDC (attuale art. 173 CDU di identico contenuto).

La Corte Europea ha evidenziato i limiti della “modificabilità” della bolletta doganale dal lato, per quel che qui rileva, dell’operatore dichiarante in dogana, in ossequio al principio per cui la dichiarazione doganale deve sempre “coincidere” con la situazione reale a cui fa da contraltare “l’obbligo” della amministrazione, in caso di istanza di revisione/rettifica, di fornire sempre una risposta (di accoglimento o di rigetto) non potendo “limitarsi” ad una dichiarazione di inammissibilità, evidenziando il diritto di presentare nuovi elementi atti ad essere presi in considerazione dalle autorità doganali successivamente alla dichiarazione in dogana (punto 32 C-97/19).

In altre parole (v. punto 24 C-496/19), “qualora sia stata presentata una domanda di revisione, l’autorità doganale è tenuta ad esaminare se occorra o meno procedere a tale revisione, tenendo conto, in particolare, della possibilità materiale di valutare la fondatezza o meno di tale domanda, e al termine di tale esame essa deve, con riserva di ricorso giurisdizionale, respingere la domanda del dichiarante con decisione motivata o procedere alla revisione richiesta” (richiama C‑468/03).

La revisione dell’accertamento doganale (art. 173 CDU) è lo strumento che consente, nel termine di tre anni dalla data di accettazione della dichiarazione (non già da quella di svincolo delle merci a disposizione del dichiarante), di riesaminare la medesima al fine di controllarne la correttezza e completezza degli elementi dichiarati, sulla base della documentazione già presentata o di altri documenti, acquisiti anche successivamente alla definizione dell’accertamento stesso.

La revisione può essere effettuata d’ufficio, da parte della dogana, o su istanza di parte, nel caso in cui l’operatore, ad esempio, abbia rilevato quelli che la Corte (v. C-387/13 e C-249/18 per la nozione di “errore”) ha tratteggiato quali “elementi inesatti o incompleti” che comprendono allo stesso tempo errori od omissioni materiali ed errori di interpretazione del diritto applicabile di cui l’operatore chieda la correzione.

Posti alcuni limiti alla richiesta di rettifica in capo all’operatore (punto 2 art. 173 CDU), la modifica di “determinati” elementi (qualità, quantità, origine, valore) assume valore al fine del sorgere di un’obbligazione doganale “a posteriori” ex paragrafo 3 art. 105 del CDU.

Ciò detto brevemente, l’unico limite non procedurale alla rettifica in bolletta è dato dalla impossibilità di mutatio rerum ovvero la sostituzione delle merci indicate in dichiarazione. La breve ricognizione dell’istituto della revisione dell’accertamento doganale ci consente di riferire le rilevanti conclusioni contenute nei precedenti della Corte UE indicati in epigrafe.

Con la pronuncia C-496/19 la Corte ha di fatto riconosciuto il diritto dell’operatore di classificare differentemente la merce importata (errore di classifica con conseguente dazio più alto di quello applicabile e contestuale istanza riclassificazione e di rimborso), senza che sulla specifica bolletta oggetto di rettifica potessero incidere le precedenti e differenti dichiarazioni di importazione, concludendo che l’articolo 78 CDC (attuale 173 CDU) deve essere interpretato nel senso che “esso non osta all’avvio della procedura di revisione della dichiarazione in dogana da esso prevista, anche qualora la merce di cui trattasi sia stata sottoposta, in occasione di una precedente importazione e senza contestazione, ad una verifica fisica che abbia confermato la sua classificazione doganale”, di fatto ribadendo “l’unicità” di ogni dichiarazione doganale, svincolata da quella precedente e/o successiva.

Con la pronuncia C-97/19 i giudici europei, con conclusioni simili a quelle contenute in C-496/19, hanno riconosciuto il diritto dell’operatore di rettificare il contenuto della dichiarazione doganale, ed il conseguente potere delle autorità di procedere in tal senso, finalizzato a “palesare l’esistenza di un rapporto di rappresentanza indiretta tra, da un lato, un mandatario che ha, per errore, indicato di agire esclusivamente a suo nome e per proprio conto, benché disponesse di una procura rilasciata dal titolare del certificato d’importazione, e, dall’altro, il mandante per conto del quale la dichiarazione è stata effettuata”.

La Corte, sul presupposto della necessaria coincidenza della “situazione” della dichiarazione doganale a quella reale, ha ribadito l’assunto per cui se una revisione risulta “in via di principio possibile” per l’esistenza di “nuovi elementi atti a essere presi in considerazione dalle autorità doganali” (punto 32 C-97/19), queste devono procedere alla verifica per poi giungere o al rigetto della domanda o alla revisione richiesta “tenendo conto dei nuovi elementi di cui dispongono” (punto 31 C-97/19) al fine di “regolarizzare la situazione”.

Chiamata a decidere circa la possibilità in capo alla Dogana di modificare in bolletta l’esatto riferimento alla natura della rappresentanza rilasciata in origine (diretta o indiretta), la Corte ha concluso sostenendo che “nessuna disposizione di tale codice vieta che elementi della dichiarazione in dogana, come le informazioni riguardanti la persona del dichiarante, in particolare l’esistenza di un rapporto di rappresentanza indiretta, possano essere modificati” sulla base dell’art. 78 CDC (attuale 173 CDU).

La Corte ha correttamente ribadito (v. C-468/03 punti 47 e 48) che “l’esistenza di un rapporto di rappresentanza indiretta non è paragonabile ad una modifica delle informazioni relative alla natura o alle caratteristiche delle merci, in merito alle quali ha considerato che le autorità doganali possono rifiutarsi di procedere a una revisione qualora gli elementi da verificare necessitino di un controllo fisico e, in seguito alla concessione dello svincolo delle merci, queste ultime non possano più essere loro presentate”, nonostante questa procedura possa essere consentita (v. C-608/10 punto 50) ad esempio nelle ipotesi in cui un controllo fisico delle merci prima della loro esportazione sia divenuto impossibile, qualora abbiano già lasciato il territorio dell’UE alla data di presentazione della domanda di revisione della dichiarazione di esportazione, non rappresentando questo un ostacolo alla possibilità di procedere a revisione.

La Corte ha così concluso per la possibile revisione della dichiarazione in dogana diretta ad evidenziare correttamente il rapporto tra mandante e mandatario nei casi in cui quest’ultimo sia “in grado, anche dopo lo svincolo delle merci, di presentare la procura con la quale gli era stata data istruzione di presentare la dichiarazione in dogana”.

Avv. Gabriele Damascelli Coordinatore sede di Bari Scuola Uncat, associato CAT Bari

Luglio 2020

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